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Senza chiedere il Permesso





novembre 2004




novembre 2004


In molti con una voce sola



II Coordinamento Migranti Bologna è nato nel marzo 2004 perché abbiamo sentito forte l'esigenza di prendere parola in prima persona di fronte alla situazione di emergenza determinata dall'applicazione della legge Bossi-Fini e alle conseguenze che questa ha sulle nostre condizioni di vita e di lavoro.
Dal momento della sua entrata in vigore, questa legge ha coinvolto nelle sue strette maglie tutti noi lavoratori e le lavoratoci immigrati in Italia, senza alcuna distinzione tra quelli che sono appena arrivati, in questo paese o vi risiedono da molti anni.
Noi migranti sappiamo perfettamente cosa significa "contratto di soggiorno per lavoro".
Da quando il permesso di soggiorno è legato al contratto di lavoro, tutti abbiamo dovuto accettare condizioni di lavoro e di salario sempre peggiori, per mantenere il nostro posto di lavoro e dunque rinnovare il permesso di soggiorno.
Ma oggi questo è ancora più difficile perché la possibilità di trovare un lavoro dipende ormai soltanto dalle agenzie interinali o dalle cooperative sociali, che forniscono contratti sempre più brevi.
Questa è la situazione prodotta dall'intreccio tra la legge Bossi-Fini e la legge 30 sul mercato del lavoro: non è più possibile rinnovare il permesso di soggiorno senza un contratto di lavoro di almeno un anno.
Così tutti corriamo il serio rischio di ricadere nell'irregolarità e dunque nella clandestinità, che ci apre le porte dei centri di permanenza temporanea.
Vere e proprie carceri nelle quali veniamo rinchiusi quando diveniamo "sanspapiers", colpevoli di nessun reato se non quello di non avere il permesso di soggiorno.
Ed è su questa condizione che nasce la possibilità di un vero e proprio mercato dei contratti di lavoro fasulli, nproducendo la situazione che migliaia di noi abbiamo vissuto ai tempi della sanatoria del 2002.
Si tratta di una situazione ogni giorno più grave, ma che già da molto tempo faceva sentire il proprio peso: il ricatto costante del contratto di soggiorno per lavoro ci ha per esempio impedito di unirci ai lavoratori italiani all'interno dei posti di lavoro, sia nelle assemblee sindacali sia negli scioperi, per migliorare insieme le condizioni di vita di tutte e di tutti.
La conseguenza di questa situazione è stata una divisione e spesso una conflittualità tra lavoratori italiani e noi lavoratori migranti che costituisce oggi un ulteriore ostacolo alla possibilità di individuare comuni rivendicazioni.
La legge Bossi-Fini e la Legge 30 vogliono costringerci all'invisibilità, restringendo la nostra libertà.
Per questo nasce il Coordinamento Migranti: come spazio politico all'interno del quale tutti noi migranti possiamo essere finalmente protagonisti delle nostre lotte e della rivendicazione delle nostre esigenze.
Il confronto, la comunicazione politica, l'informazione sono stati parte fondamentale della nostra attività: centinaia di migranti hanno preso parte alla nostra prima assemblea, il 9 maggio 2004 presso le ex scuole Certani.
Da quel momento, proprio le assemblee sono state fondamentali per incontrarci su tutto il territorio provinciale, da Calderara a Sant'Agata Bolognese a San Giovanni in Persiceto, e questo ci ha consentito di mettere insieme diverse comunità di immigrati in tutto il territorio.
Si tratta di un percorso ancora aperto, e questo giornale, "Senza chiedere il permesso", è per noi uno strumento fondamentale perché sempre più migranti possano conoscere l'esperienza del Coordinamento e prendervi parte e poter consolidare tra loro la consapevolezza della possibilità di essere protagonisti e dare vita a un percorso politico autonomo.
Questo giornale sarà anche uno spazio per ì racconti delle nostre esperienze di vita e mobilitazione, come quelle portate avanti dai residenti di via Terracini per trovare una risposta a un problema abitativo che dura ormai da anni ed è comune a molte altre realtà, come quella di estremo disagio vissuta dagli abitanti di Bologna 2 a Calderara di Reno.
Siamo partiti dai problemi che ogni giorno viviamo sulla nostra pelle e la nostra attività si è consolidata in numerose iniziative di piazza, come ì presidi davanti alla Prefettura di Bologna organizzati a marzo, aprile, maggio e ottobre, perché le nostre rivendicazioni fossero visibili e venissero ascoltate.
Sappiamo che il contratto di soggiorno per lavoro non significa soltanto file interminabili davanti alla Prefettura, la difficoltà di ottenere un appuntamento e mesi e mesi di attesa prima di ottenere il rinnovo, ma anche l'impossibilità di portare avanti un progetto di vita stabile in questo paese nel quale stiamo spendendo parte della nostra vita.
E sappiamo anche che l'unico modo di risolvere realmente i molteplici problemi che viviamo oggi non solo a Bologna ma in tutta l'Italia, è che la legge Bossi-Fini sia definitivamente abolita.
Per questo motivo abbiamo lavorato affinchè fosse possibile la manifestazione del 25 settembre, durante la quale in migliaia siamo accorsi da tutta la provincia ed abbiamo fatto sentire con forza la nostra voce.
In questa occasione in piazza abbiamo lanciato la parola d'ordine dello sciopero contro la legge Bossi-Fini.
Si tratta di un percorso ancora lungo, che abbiamo cominciato a costruire con l'assemblea del 22 settembre, che ha visto insieme a noi, lavoratori migranti, decine e decine di delegati e lavoratori italiani discutere dell'intreccio perverso tra la legge Bossi-Fini e la Legge 30 sul mercato del lavoro, e della necessità di un percorso comune.
E in quest'ottica che saremo in piazza a Roma, il 4 dicembre, per la grande manifestazione nazionale contro la Bossi-Fini, per la libertà dei migranti.
Coordinamento migranti Bologna





Citta' dell'accoglienza



"Bologna, città dell'accoglienza".
E' scritto nel programma del nuovo sindaco di Bologna, Sergio Cofferati, ma le esperienze che oggi vivono i migranti residenti in via Terracini, allo Scalo Intemazionale Migranti, nell'enorme ghetto di Bologna 2, a Calderara di Reno, e molte altre che in assenza di un supporto politico rimangono senza voce, ci fanno almeno dubitare.
Il problema abitativo è un problema fin troppo noto a Bologna: lo sanno bene ì lavoratori, siano essi italiani o migranti, lo sanno gli studenti, lo sanno le donne sole con figli che possono mantenersi solo con un part-time.
I migranti vivono questa situazione sulla loro pelle come centinaia di migliaia in questa città, è la legge Bossi-Fini che per loro fa la differenza.
La giunta Cofferati non rimane certo con le mani in mano.
L'esperienza di Via Terracini ha mostrato che il suo intervento diventa quello di un'agenzia immobiliare che "smista" la domanda abitativa con un'opera di mediazione che fa solo gli interessi dei proprietari.
La tutela del mercato immobiliare è disarmante di fronte all'urgenza della situazione: gli affìtti crescono ogni giorno di più, mentre 1 salari dei lavoratori si impoveriscono sotto l'attacco della legge Bossi-Fini e della legge 30.
Come dimostra il caso degli abitanti dello Scalo Internazionale Migranti, di fronte a questa situazione la risposta è una sola: se gli affitti sono troppo alti, basta spostare i migranti a 70 chilometri dalla città, dove il costo delle case è senz'altro più accessibile.
Basta ignorare le loro domande, le loro esigenze, considerarli un "problema sociale" da allontanare il più possibile dal centro della città, dallo sguardo dei cittadini, dal cuore degli interessi immobiliari.
Lo stato dell'edilizia popolare dice molto rispetto alle politiche delle passate amministrazioni, e il silenzio e la lentezza della giunta attuale non lascia intravedere niente di buono.
Ci sono centinaia di appartamenti sfitti, che non sarebbero sufficienti a risolvere la questione abitativa ma sarebbero un primo passo per rispondere ad altrettante situazioni di disagio e difficoltà che molti sono costretti a vivere.
Ma non siamo noi che possiamo indicare una via per uscire da questo stallo: noi vogliamo porre il problema abitativo come un problema politico che non fa che aggravare la condizione di ricatto cui i lavoratori migranti sono costretti.
E questo vale anche per i molti che stanno portando avanti un progetto, che lavorano per pagare un mutuo che consenta loro di ricongiungersi con le propne famiglie e restare in questo paese, e che si trovano esposti alla minaccia di una legge che ignora le loro speranze e che può in un attimo cancellarle, facendoli precipitare nell'illegalità.
Se la Giunta non terrà presente la condizione specifica cui la Bossi-Fini costringe ì migranti, non farà che perpetrarne gli effetti devastanti sulla vita e il lavoro dei migranti ma anche di tutti i lavoratori.
A questo noi continueremo a opporci.
Coordinamento migranti Bologna





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