Mi sia consentito portare il saluto di tutta l'Amministrazione comunale di Calderara di Reno, ed il mio personale, insieme all'auspicio che proprio da queste opportunità di discussione possa prendere ulteriore vigore la volontà di risolvere un problema annoso che affligge la nostra comunità.
Per meglio inquadrarlo, descrivo brevemente il contesto socio-economico di riferimento.
Comune fra i più ricchi di una imprenditoria capace e stimolante (sono presenti circa 1500 aziende, artigiane industriali e commerciali che danno lavoro a più di 5000 persone); Comune definito "di frontiera" per la sua collocazione a ridosso tra Bologna e l'area più vasta della provincia, Calderara di Reno racchiude in sé vizi e virtù del grosso centro limitrofo senza però essere dotato di strumenti efficaci per affrontare adeguatamente una preoccupante situazione derivante dalla presenza di una realtà, tristemente conosciuta in tutta la Regione, chiamata "Bologna 2". Non voglio affliggere l'uditorio proponendo, per l'ennesima volta, la storia dell'ormai famoso residence.
Ma mi sia concesso di evidenziare alcuni elementi che lo collochino nel panorama più generale del territorio che amministro e che sono direttamente collegabili al tema in discussione.
Su una efficiente struttura viaria, che collega i centri abitati e le fabbriche della cintura urbana alla grande viabilità e a Bologna si affaccia lo stabile detto "Bologna 2", destinato originariamente a casa albergo con minialloggi ma ora in stato di degrado per le vicissitudini delle proprietà e delle successive gestioni fallimentari che lo hanno caratterizzato.
Lo Stato giuridico dell'immobile è teoricamente sempre quello alberghiero mentre, di fatto, si è trasformato in un ibrido fra casa albergo senza controlli e condominio con amministrazione e manutenzioni gravemente carenti.
Una parte dei piccoli proprietari, soprattutto quelli che ci abitano ed anche molti inquilini stabili, aspirano ad una gestione "normale" dell'edificio, come casa di abitazione correttamente mantenuta, anche se non dispongono dei mezzi economici e della capacità organizzativa per attuarla: La maggior parte delle proprietà plurime, invece, non era disponibile per la ristrutturazione e traeva, dall'affitto degli alloggi degradati, profitti tali da essere incoraggiata a proseguire nello sfruttamento dello "status quo", cioè criminalità dilagante, precarie condizioni igieniche, alloggi fatiscenti per famiglie e singoli senza regolare permesso di soggiorno, droga, prostituzione.
Le direttrici su cui abbiamo impostato i nostri interventi hanno previsto, da un lato, percorsi tesi a garantire per ogni cittadino normali condizioni di vivibilità e di aggregazione locale, opportunità di socializzazione per evitare un ineluttabile processo di marginalizzazione devastante per l'intera comunità, consapevoli che la riqualificazione dello stabile passi anche attraverso la creazione di progettualità culturali, sportive, del tempo libero.
Produrre sicurezza significa non solo pattugliare il territorio e perseguire il reato.
Da un lato abbiamo potenziato i servizi sociali, abbiamo istituito progetti di educazione alla legalità, di sostegno alle vittime dei reati, di promozione dell'interculturalità, corsi per i nostri operatori per aiutare le prostitute a liberarsi dai trafficanti e dagli sfruttatori; dall'altro, e con alterne fortune, siamo intervenuti sugli assetti urbanistici, partendo dai famosi "contratti di quartiere".
La Regione, nel 1998,
non ha ritenuto, però, di selezionare per i finanziamenti,
il nostro programma.
In quel progetto era previsto
il piano di recupero che individuava le condizioni tecnico-urbanistiche dell'intervento.
Una Variante al Piano Regolatore Generale che ci ponesse nelle condizioni di modificare la destinazione d'uso del complesso e, quindi, di poter prevedere il passaggio da "casa albergo" a residenza, ad altre destinazioni (albergo, foresteria, strutture di servizi).
Nel dicembre dello scorso anno, a seguito della Legge Regionale 19/98, si è proceduto all'individuazione dell'ambito sovracomunale per poter aderire al bando regionale sui
PRU (Programmi di Riqualificazione Urbana), ambito denominato "Persicetana est" con soggetti proponenti 3 Comuni - Calderara di Reno, Anzola dell'Emilia e Sala Bolognese - che, in consorzio, individuavano ed affrontavano problematiche omogenee condivise sui rispettivi territori:
prioritario veniva considerato
l'intervento di riqualificazione del complesso di cui parliamo.
In febbraio la Regione ammette l'ambito e contemporaneamente predispone una direttiva con la quale prevede
finanziamenti per interventi volti al miglioramento nella sicurezza degli spazi pubblici nelle città.
Finanziamenti sempre organizzati nell'ambito dei PRU.
Convinti che
il problema della riqualificazione vada inquadrato in un contesto più ampio di sicurezza sociale, in giugno il Comune di Calderara presenta
il progetto che diventa parte integrante ed essenziale del PRU.
L'intervento
di riqualificazione urbana dovrà agire, in maniera decisa ed in forma organica ad altri interventi, sul fronte del miglioramento
del capitolo sicurezza, con l'obiettivo di eliminare la concentrazione di azioni e attori dell'illegalità per riportare la situazione del complesso a livelli medi di vivibilità.
Si dà corpo, pertanto,
ad un progetto pilota articolato su vari fronti: urbanistico, edilizio, sociale, demografico, sicurezza pubblica.
Le azioni, con molteplici risvolti e tutte con ricadute sulla sicurezza, sono interconnesse e vengono sviluppate non singolarmente ma nella loro globalità in quanto cause ed effetti sono strettamente correlati.
Sul fronte urbanistico il programma di riqualificazione prevede di spezzare l'isolamento del complesso, agendo su vari elementi.
Favorire lo scambio bidirezionale, oggi quasi inesistente, tra il complesso ed il restante territorio del Comune.
L'obiettivo viene perseguito con varie azioni, che vanno dalla collocazione, all'interno del complesso, di attività e servizi pubblici che favoriscano la frequentazione dello stesso.
Intervenire sulla viabilità, in particolare verso le fasce più deboli, con la realizzazione di pista ciclabile, che colleghi il Capoluogo (Calderara), alla frazione di Lippo (e poi a Bologna); col potenziamento del servizio pubblico, che privilegia l'asse di Via Garibaldi come principale per il collegamento verso Bologna.
Ridurre drasticamente il carico urbanistico, recuperando parte dell'immobile ad usi non residenziali e accorpando le attuali unità abitative, riducendo il numero complessivo delle abitazioni.
Sul fronte edilizio il programma prevede la sostanziale ristrutturazione del complesso.
Dal numero e dalla distribuzione delle unità immobiliari, alla loro geometria, al contenitore, agli usi, agli impianti; tutte azioni tese a riqualificare il complesso nel suo insieme per portarlo dagli attuali livelli, al limite della fatiscenza, alle condizioni di un normale organismo edilizio.
Quello sociale è uno degli aspetti più delicati del degrado; nel complesso è concentrata la maggior parte dei casi di famiglie del Comune in difficoltà con circa il 50% dell'intera popolazione straniera presente sul territorio.
Inoltre le precarie condizioni delle unità immobiliari, la densità abitativa e la promiscuità, hanno favorito la diffusione di patologie, che normalmente riteniamo scomparse dal nostro vivere civile.
Su questo fronte, realizzare alloggi adeguati alle dimensioni delle famiglie che li occupano, con la creazione di alloggi ERP, permette di assegnare unità immobiliari alle utenze più deboli.
Si intende incidere, inoltre, sul fenomeno prostituzione operando sull'aspetto del recupero e del reinserimento, e non solo su quello dell'allontanamento, mediante un progetto, già parzialmente in atto, che prevede la professionalizzazione di personale specifico e le cosiddette "unità di strada".
Sul fronte demografico la situazione, in costante evoluzione, è di fatto impossibile da fotografare.
Sono tuttavia individuabili alcuni elementi.
In primo luogo l'elevato carico urbanistico rappresentato dalle 194 unità abitative, tutte riconducibili alla tipologia del monolocale e utilizzate da famiglie anche numerose.
L'elevata presenza di gran parte di persone non residenti, in prevalenza stranieri, che usualmente ne ospitano altre, spesso irregolari.
Si prevede, pertanto, di ridurre drasticamente il numero delle unità destinate alla residenza; la trasformazione di parte del complesso per usi non residenziali; la riduzione delle unità abitative per la residenza, con accorpamento di unità, per offrire alloggi di dimensioni più adeguate ai nuclei familiari; la ricollocazione, al di fuori del complesso, di parte della popolazione oggi insediata.
Per quanto concerne la sicurezza pubblica, la proposta di riqualificazione, prevede di affrontare e risolvere esigenze presenti nel Comune e di favorirne la soluzione all'interno del complesso, ottenendo significative sinergie.
Nello specifico, è pressante l'esigenza di realizzare
una nuova stazione per i carabinieri, oggi collocati in edificio comunale assolutamente insufficiente e di realizzare adeguati spazi per i militari in servizio.
In sostanza una foresteria adeguata alle esigenze del personale della stazione.
È previsto, inoltre, un nuovo spazio per le forze di Polizia Municipale, che il Comune, negli ultimi anni, ha fortemente potenziato nell'organico e nella dotazione, ma che di fatto si trovano confinate negli stessi spazi che ospitavano la P.M. quando l'organico era inferiore della metà.
La collocazione delle forze dell'ordine, nell'ambito del complesso, ha il compito di attivare una massiccia e costante azione di controllo al fine di evitare e allontanare la concentrazione di una significativa fetta dell'attuale popolazione, oggi impegnata a delinquere e preservare nel tempo le condizioni raggiunte con l'operazione di riqualificazione.
In sintesi quasi schematica ho cercato di esporre
il nostro progetto pilota che ha richiesto, per ovvi motivi, investimento di risorse umane ed economiche.
L'elemento portante e fondamentale, però, non va sottaciuto, ma anzi, evidenziato.
Tutta l'impalcatura è retta dalla concertazione fra più soggetti interessati.
Sarebbe stato impensabile e improponibile che la soluzione ad un problema di così vasta portata potesse trovare sbocco nell'azione propositiva del solo Comune di Calderara di Reno.
Abbiamo avuto bisogno che altri condividessero il problema e ne fossero direttamente coinvolti: dalla Provincia alla Regione, dal Prefetto alla magistratura, da imprenditori privati ad associazioni di categoria, dall'azienda USL ad associazioni culturali e del tempo libero.
Mi avvio a concludere, intanto, ringraziando la Provincia per l'opportunità che ci ha offerto.
Credo in un coinvolgimento diretto di tutte le Istituzioni Sovracomunali per un grande progetto di sicurezza mirato alla crescita sociale dell'area vasta metropolitana.
Auspico, infine, che il legislatore, nell'attribuzione di risorse economiche legate alla sicurezza ed all'attenuazione del degrado urbano, possa prevedere norme atte a facilitarne l'accesso anche per quei piccoli Comuni con evidenti ed acclarate problematicità.
La sicurezza di un luogo, per esperienza personale ne sono profondamente convinto, non sempre à strettamente legata alla dimensione abitativa del territorio.
Occorre che di ciò se ne tenga conto.