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Nulla Osta 2002





Copertina Nulla Osta


Nuovi "Ghetti?"


Alcune storie bolognesi, tra isolamento e discriminazione

Ghetto: quartiere ebraico di una città. Ma lo si può anche vedere come una specifica sottocomunità urbana (L. Wirth, The Ghetto, 1928)


Ghetti: da sempre zone isolate geograficamente e socialmente, per una vita separata e diversa dal resto della comunità.
Attualmente si parla di ghetto anche a proposito di ogni di ogni tipo di isolamento e di discriminazione a danno di dati gruppi sociali.
Ma quali sono, nel 2002, i "nuovi ghetti" nella nostra città?
Purtroppo sembrano essere tanti e di tante specie diverse, e noi vi raccontiamo solo alcune storie, ma il denominatore comune è sempre lo stesso: l'isolamento dei più deboli.


"Ghetti": lo so, è una parola forte, e ci abbiamo pensato moltissimo prima di scriverla.
Perché è una parola davvero di grande impatto emotivo, veramente evocativa, perché designa quel quartiere dove, nei secoli scorsi, venivano confinati gli Ebrei nelle principali città europee.
Si ripensa al problema di segregazione che gli ebrei dovettero, da sempre, subire in Europa.
Soprattutto si ripensa all'epoca nazista, e alle sue atrocità.
Ma i ghetti ci sono da molto prima, anche dal Medioevo.
In Italia, più tardi, Papa Paolo IV, nel 1555, istituzionalizzò, per così dire, l'obbligo di riunire gli ebrei in un unico quartiee, e i ghetti si diffusero in tutto il paese.
Un certo L. Wirth, che potremo definire uno dei primi sociologi del territorio, della scuola ecologica di Chicago, a fine anni '20, parla di ghetto come quartiere ebraico di una città. Ma lo si può anche vedere come una specifica sottocomunità urbana (L. Wirth, "The Ghetto", 1928).
Secondo lui è un esempio molto particolare di microstruttura sociale con una compattezza culturale ed un'organizzazione funzionale inesistente altrove.
Poi nota come comunque i ghetti americani del West Side, a fine '800, fossero in zone degradate con affitti molto bassi, magazzini, piccole fabbriche, orti.
Come fossero zone separate geograficamente e socialmente, per una vita separata e diversa dal resto della comunità.
Certo, non si può generalizzare, né tanto meno scervellarsi troppo su questi sociologi del territorio, ma certo molte analogie in cui ci imbattiamo oggi, anche nella nostra città, ci sono.
Anche perché attualmente si parla di ghetto con una maggiore varietà e ampiezza di significati, sia in riferimento alla segregazione di determinate comunità etniche nelle grandi concentrazioni urbane e metropolitane, sia a proposito di ogni tipo di isolamento e discriminazione che in certe situazioni venga a configurarsi a danno di dati gruppi sociali.
Quello che dunque ancora oggi rimane di specifico nel termine ghetto, è la segregazione, appunto, l'isolamento, quasi sempre forzato.
Chi può negare che il Bologna 2, ad esempio, sia una zona separata geograficamente e socialmente dal resto della città? Certo questo non è avvenuto per caso, per una naturale evoluzione dei fatti storici ... c'è stata la volontà di escludere i "delinquenti", e di concentrarli tutti in un palazzone isolato dove fossero abbastanza lontani dalle persone "perbene".
E che dire dei centri di prima accoglienza? Quelli, non per la loro natura, ma per la loro gestione, sono diventati davvero "nuovi ghetti": perché un luogo in cui vivono decine e decine di immigrati in container, a volte per dieci anni, non è certo un centro di prim accoglienza.
Ed è azzardato forse pensare che alcuni individui potenti, come il proprietario delle palazzine fatiscenti di Corticella Vecchia, abbiano conribuito alla ghettizzazione degli immigrati in posti indegni, favoriti dal lassismo delle istituzioni e delle autorità, che lasciano gli stranieri assolutamente indifesi?
A proposito di questo, è davvero importante la testimonianza di un immigrato (uno studente slavo, ora laureato) che ci spiega quali effetti avrebbe su di lui e su tutti gli immigrati la Legge Bossi-Fini se venisse approvata.
Sono, certo, tante storie diverse, che paiono però legate tutte da uno stesso "filo rosso".
Quelli che abbiamo fatto, sono solo alcuni esempi dei tanti casi che ci sono a Bologna.
Il territorio, e soprattutto l'isolamento territoriale e sociale (più o meno forzato), sono elementi che ricorrono in tutte queste storie.
Ma tante altre zone, forse, nella nostra città sono "a rischio di ghettizzazione".
Zone degradate o popolari, periferiche e non, che rischiano di essere allontanate, col placet delle autorità, dai bei quartieri della gente perbene, perché portatrici di problemi.
Come se allontanare o isolare il problema fosse un modo di risolverlo.
Il rischio è che tante zone siano abbandonate a loro stesse perché senza identità, né sociale, né territoriale, né di nessun altra natura, e che vengano lasciate in balìa dei propri problemi finché non è troppo tardi, fino a che non scoppia un caso-Bologna 2 (l'esempio di maggior degrado dell'intera Emilia Romagna) o un caso Via delle Fonti/San Savino (la casba di Corticella).
Proprio per questo l'identità è importante.
Anche quella territoriale.
Per questo, trovo che si debba anche prestare un attimo di attenzione alla chiusura della biblioteca Corticella, che rispetto all'emergenza degli altri problemi sembra nulla, ma ci abbiamo fatto un pezzo per un motivo molto semplice: la chiusura di quella biblioteca è anche la perdita di un luogo di grande importanza per il territorio, dalla forte valenza sociale, importante per sentirsi parte del quartiere, e quindi anche della città.
Non si tratta di nostalgiche partigianerie, quanto del sottolineare che anche una biblioteca di quartiere, nel suo piccolo, ha un ruolo sociale, consente di mantenere e creare identità, di impedire l'isolamento, innanzitutto sociale.
Nell'augurarvi buona lettura, vi segnalo ancora una volta il nostro sito internet, www.nullaosta.freeweb.org in cui potete trovare, oltre che tutti i numeri arretrati, le nostre e-mail, i punti in cui potete trovare sempre disponibile Nullaosta, anche un'ampia sezione documenti, che vi permetterà, se siete mooolto interessati e mooolto pazienti, di approfondire gli argomenti trattati.
Fate anche un giro sul sito quando vorrete essere aggiornati sulle prossime feste di Nullaosta, che saranno, come sempre, all'Atlantide di Porta Santo Stefano.
Io avevo sentito parlare della prima metà di febbraio ... chissà!!


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BLOG Per la rinascita del Garibaldi 2



Da residence a "bunker" malavitoso



È stato chiamato in tutti i modi: casa della malavita, residence del degrado, cattedrale dell'emarginazione, palazzone della vergogna, o addirittura cimitero verticale.
Cos'è il famigerato Bologna 2?
Ne ripercorriamo la storia. Ovvero: come trasformare un edificio alla periferia di Bologna in uno dei più potenti "bunker" della malavita della regione


Lo stabile di via Garibaldi 2, noto come "Bologna 2", si trova sulla strada che dal capoluogo di Calderara (BO) conduce alla frazione di Lippo.
Si sviluppa su sei piani e tre blocchi (A, B e C) di diverse dimensioni, per un totale di 194 monolocali.
Ci sono dei parcheggi sotterranei, due ampi parcheggi a raso e un grande prato condominiale.
Questo palazzo venne costruito alla fine degli anni settanta su un terreno destinato a servizi alla viabilità.
Per aggirare il divieto di edificazione a fini abitativi, la cooperativa costruttrice (CASA INSIEME) e i primi comproprietari del palazzo (UNIVERSO ASSICURAZIONI, CENACCHI e AZZARONI) firmarono il 17 ottobre 1979 una convenzione con il comune di Calderara che destinava lo stabile a residence.
Tale tipologia prevedeva l'obbligo di una gestione unitaria dello stabile anche se contemporaneamente venne consentita la vendita frazionata dei mini appartamenti.
La gestione unitaria venne affidata alla BOLOGNA 2 srl, società con sede a Palermo che amministrò e gestì il "residence" senza tanti scrupoli, tanto che questo divenne il centro di giri di spaccio e prostituzione.
Dopo pochi anni, a metà degli anni ottanta, questa gestione fallì e i pochi abitanti rimasti si trovarono in condizioni abitative di grave disagio: senza luce e senza riscaldamento per diversi mesi, talvolta anche senz'acqua.
Nel febbraio del 1985 avvenne il più grave fatto di sangue nella storia dello stabile: un giovane tossicodipendente viene ucciso a coltellate da dei complici.
Sul Bologna 2 cominciarono così ad aleggiare le prime leggende, il nome cominciò ad assumere connotazioni negative, il luogo ad essere mal visto.
Il tribunale nominò un curatore fallimentare e lo stabile ricominciò a vivere, nella seconda metà degli anni ottanta, di fatto come un condominio.
Vennero finalmente installati contatori dell'ENEL per ogni appartamento e vennero riavviati vari servizi (pulizie, ecc.).
L'insegna Bologna 2 venne rimossa a spese del neonato condominio.
Le proprietà si susseguirono rapidamente, con varie società che gestirono parte dello stabile disinvoltamente.
Soprattutto negli appartamenti delle società si installarono sempre più prostitute, protettori e spacciatori che crearono gravi disagi alle centinaia di studenti, lavoratori e pensionati abitanti lo stabile.
Il rapporto tra comune di Calderara e abitanti e/o abitanti dello stabile non è mai stato dei migliori: c'è sempre stata una grande diffidenza reciproca.
Negli ultimi anni si intravede una svolta nella storia dell'ex Bologna 2: un gruppo di abitanti, esasperati dalla grave situazione di ordine pubblico, dalla negligente amministrazione condominiale e dal degrado dello stabile, si organizza.
Le assemblee condominiali si ravvivano, iniziano i contatti con la stampa e l'amministrazione comunale.
Nel 1997 vengono stanziati dei finanziamenti per la ristrutturazione e successivamente viene redatto un progetto di recupero.
A partire dalla fine di febbraio 1998, dopo gravi fatti di sangue che hanno visto protagonisti abitanti dello stabile, vi è una maggiore attenzione di magistratura, forze dell'ordine e mass media verso la grave situazione di ordine pubblico che si era venuta a ricreare nel corso del 1996 e 1997.
Un presidio dei carabinieri controlla lo stabile 24 ore su 24 nei mesi di marzo e aprile 1998.
Da maggio 1998 i presidi sono di minore durata ma vengono mantenuti sino all'estate 1999.
Il 4 maggio 1998 nasce l'Associazione per la rinascita dell'area di via Garibaldi 2.
L'associazione, nata e gestita da Angelo Rizzi, che abita al Bologna 2, ha come scopo innanzitutto di migliorare la vivibilità dello stabile, e poi di sollecitare un recupero totale dell'area, attraverso un'ampia campagna di sensibilizzazione dell'opinione pubblica e delle istituzioni: petizioni, comunicati stampa, esposti, assemblee pubbliche, gestione di un sito internet (www.geocities.com/SouthBeach/Lights/4238, davvero completissimo e aggiornato, da non perdere!).
A fine agosto 1998 la Regione Emilia Romagna boccia vergognosamente il piano di recupero dello stabile, preparato e presentato dal Comune di Calderara.
Fortissima la reazione delle forze politiche e di tanti cittadini che solidarizzano con gli abitanti di via Garibaldi 2 contro questa scelta della Regione.
Il 17 dicembre 1999 la Gheo immobiliare srl acquista all'asta 21 appartamenti dell'Edilsabrina.
L'intervistato di questi imprenditori privati "affidabili" da' una forte iniezione di fiducia agli abitanti del G2.
In questo contesto favorevole, nella notte tra il 12 e il 13 gennaio 2000, capita però uno dei più gravi fattacci della storia del G2: una giovane coppia di proprietari e lavoratori vengono pestati a sangue da un gruppo di malavitosi (magnaccia, kapò e spacciatori), solo perché avevano osato chiedere un po' di silenzio alle 4 di notte!
La giovane coppia, terrorizzata dall'aggressione, lascia la propria casa.
Il 30 marzo 2000 è il giorno di una svolta storica: l'Ufficio stranieri della Questura, su disposizione della magistratura mette (finalmente !!!) i 'sigilli' a quasi tutti gli appartamenti abitati da prostitute e papponi.
Renato Colombo, il boss che controllava questi appartamenti, viene denunciato per sfruttamento della prostituzione e violazione alla legge sull'immigrazione clandestina.
Il sequestro degli appartamenti viene confermato dalla Corte di Cassazione, dopo l'inutile ricorso di Colombo.
Nella primavera 2000 il G2, finalmente in buona parte ripulito da magnaccia e prostitute, vive numerose serate di feste e spettacoli teatrali.
La reazione della malavita a queste ultime iniziative è rabbiosa: furti, minacce e incendi.
E il 29 settembre la Giunta Regionale delibera di finanziare il progetto pilota per la sicurezza nella città, presentato sempre dall'amministrazione comunale di Calderara.
Con queste delibere la Regione Emilia Romagna stanzia finalmente circa cinque miliardi per il recupero del G2.
È, forse, una svolta, perché questo primo finanziamento aprirà la strada a massicci investimenti pubblici e privati.
Ma bisognerà vigilare attentamente perché questo piano venga portato a termine, e l'area di via Garibaldi sia tolta definitivamente alla malavita e restituita a tutti i cittadini.


NOTA: il manifesto nella pagina a fianco è quello di un concerto orgnizzato al Bologna 2 nel 2001 con la partecipazione addirittura dei Deus ex Machina!
Peccato fossimo veramente in pochi e che siano successi fatti un po' strani durante il concerto...
Qualche sparo, una macchina bruciata, i pompieri, la polizia, le sirene...
Il tutto, nell'atmosfera straniante della musica dei DexM, aveva assunto una dimensione particolarmente irreale.


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Bologna 2: possibile un recupero?



Forse è davvero l'ora della svolta, per lo stabile di Calderara di Reno, nell'hinterland bolognese.
È finalmente approvato il piano di recupero di un'area che era diventata la zona di maggior degrado dell'intera regione.
Sarà possibile a tutti quelli estranei alle attività illecite, poter finalmente abitare al Bologna 2 senza dover convivere con risse, auto bruciate, spaccio e prostituzione?


Per cercare di capire un po' meglio in cosa consista il piano di recupero dell'area tristemente famosa come "Bologna 2", siamo andati a parlarne con Matteo Prencipe, sindaco di Calderara, strenuo difensore del progetto.
Questo, dopo aver finalmente ottenuto il via libera dalla regione Emilia Romagna (dopo la bocciatura del 1998), ha come scopo la "bonifica" del famigerato residence, ormai da tanti anni covo di malavitosi di ogni sorta (spacciatori, prostitute e protettori...), ma dove vivono anche famiglie, bambini e tanta gente che con tutto questo non ha niente a che fare, ma ne subisce le gravissime conseguenze.
In una situazione cronica, in cui lo strapotere dei gruppi criminali è radicato, sarà davvero possibile realizzare un progetto che permetta un reale recupero dell'edificio e, a chi vi abita, il diritto a vivere più tranquillamente, senza dover convivere con risse, auto bruciate, spaccio, prostituzione e quant'altro?
Il sindaco Prencipe sembra convinto di sì.
L'idea innovativa di questo progetto - ci spiega - è che gli investimenti pubblici (circa 11 miliardi) serviranno da volano per attirare gli investimenti dei privati che dovranno essere parte attiva nella ristrutturazione e gestione di alcune parti del residence.
La conpresenza di pubblico e privato in quest'opera è dovuta sia ai suoi alti costi (lo stabile infatti, nonostante sia stato costruito solo alla fine degli anni '70, necessita di pesanti ristrutturazioni) sia per il diverso utilizzo cui saranno destinati i tre blocchi (A, B e C) da cui è formato.
In questo modo i costi (quasi 50 miliardi!) saranno a carico di diversi soggetti e si porrà fine alla gestione unitaria, che è stato uno dei fattori che ha permesso ad associazioni criminali un controllo così saldo e duraturo dell'intero stabile.
Buona parte dell'ex residence resterà adibita ad un uso abitativo: ma al suo interno nascerà una caserma dei vigili urbani ed una stazione dei carabinieri, con relativi usi foresteria.
Uno dei tre blocchi, il C, sarà acquistato dall'hotel Meeting che lo utilizzerà per ampliarsi.
Questo frazionamento servirà anche a cambiare la fisionomia labirintica che attualmente rende l'edificio il posto ideale per nascondersi o per prepararsi ad eventuali fughe.
Questo, a grandissime linee, il piano come si sta delineando, anche se restano ancora questioni da risolvere.
Ad esempio quella che vede protagonisti gli attuali proprietari dei monolocali: resta ancora da decidere a quali condizioni essi possano partecipare alla ristrutturazione, cioè a che prezzo.
Infatti una parte della spesa dovranno sostenerla i proprietari che intendono restare a vivere all'interno del residence.
Ma, nonostante le roventi polemiche di quest'estate non siano ancora del tutto superate, la soluzione a questo problema non sembra lontana.
Quello che resta ancora uno scoglio ad un reale recupero dell'area è la lontananza, non solo fisica, dal resto della popolazione di Calderara.
Nonostante le iniziative svolte per sensibilizzare la cittadinanza al problema del "Bologna 2" (feste, concerti e spettacoli teatrali) quest'ultimo viene ancora visto come un corpo estraneo rispetto al territorio. Certo questo isolamento favorisce lo svolgersi di attività criminali.
Si spera che con un collegamento di piste ciclabili e la creazione di un parco (oltre al campo sportivo costruito di recente proprio di fianco al residence) questa distanza possa ridursi fino a giungere ad una completa reintegrazione.
Ascoltare l'esposizione di questo progetto ci fa sperare che la risposta al quesito iniziale sia positiva, soprattutto per quei tanti che vivono al Bologna 2 estranei alle attività illecite, ma costretti a conviverci ed a pagarne il prezzo sulla propria pelle.


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UNA TESTIMONIANZA DI CHI CI HA VISSUTO

Otto mesi al Bologna 2



Scopri di essere in una Las Vegas dei poveri o in un quartiere olandese di Amsterdam.
Il Bologna 2 lo chiamano lo "spaccio": vai e comperi, c'è di tutto: droga, prostituzione, alcol, contrabbando.
Alla città di Bologna ha sempre fatto comodo avere questi ghetti, lontani dalla brava gente e dal perbenismo, in modo da allontanare e raggruppare tutti i "delinquenti".
Ma il problema non sono le persone che vi abitano, ma quelle che ne sfruttano la situazione.


Come la pensa chi vi ha vissuto come inquilino del Bologna 2?
Quello che segue è il racconto dell'esperienza di un ragazzo, un nostro amico, che ha vissuto per alcuni mesi con la sua giovane famiglia in un appartamento dello stabile.
Colgo l'occasione per ringraziarlo formalmente a nome di tutta la redazione per la sua disponibilità che non si è fermata ad un'intervista ma alla stesura vera e propria dell'articolo, che vi riportiamo in modo integrale, omettendo, di comune accordo con l'autore, il suo nome per motivi legati alla storia stessa del Bologna Due: non a tutti fa piacere che se ne parli, soprattutto se a parlarne è qualcuno che non si è limitato a leggere i giornali e parlare con la questura o le istituzioni per conoscere qualche spezzone, ma qualcuno che ne ha vissuto direttamente una parte.


Quando si passa davanti al Bologna 2, soprattutto in autunno-inverno, sembra uno di quei posti tetri e cupi dei romanzi di Stephen King.
Invece, entrandoci anche solo per un po', scopri di essere in una Las Vegas dei poveri o in un quartiere olandese di Amsterdam.
Perché? Perché c'è di tutto.
Dalla droga alla prostituzione, dall'alcool al contrabbando dei valori, mezzi e armi.
Bisogna prima di tutto dire che alla città di Bologna, a chi la governa o a chi la governava, ha sempre fatto comodo avere questi posti (chiamiamoli ghetti), lontano dalla brava gente e dal perbenismo (fatto che rende la nostra società arretrata al medioevo e mediocre), in modo che tutti i "delinquenti" fossero raggruppati nello stesso posto o edificio: nella stessa situazione infatti ci sono vari palazzi sparsi per Bologna (il virgolone del Pilastro o il treno della Barca i più famosi) in cui si consumano le cose peggiori...
Comunque, dispiace dirlo, gli sbagli sono e saranno sempre gli stessi: il ma va bene così, il chi se ne frega se per esempio ogni tanto qualcuno (come un bambino ai primi anni '90 al Bologna 2) muore... Così facendo diventiamo anche noi sfruttatori di situazioni come il Bologna 2.
Lì dentro, per esempio, tutto era nato come una specie di hotel, ma poi è stato rivenduto in piccoli monolocali a privati che, per tutti questi anni, hanno affittato, in nero e senza contratto, a persone che non potevano pagare gli affitti da usura della città.
Persone che si sono adeguate a piccoli appartamenti internamente anche belli e puliti ma soprattutto a basso prezzo.
Col tempo però la situazione è sfuggita di mano a tutti (comune, polizia, chiesa).
Sì perché vivere in un posto così fa paura a tutti, mi diceva infatti la gente quando ha saputo che ho vissuto al Bologna 2 per otto mesi.
Ogni tanto qualche famiglia, come me, prova ad andarci a vivere, ma si sconforta facilmente.
Ma il problema non sono le persone che ci abitano, ma quelle esterne che, come dicevo prima, ne sfruttano la situazione.
Chi vive dentro, quasi tutti affittuari, sono prostitute negli appartamenti dei loro padroni e famiglie di muratori e lavoratori (per l'80% meridionali).
Magari può capitare anche che alcuni muratori cerchino di arrotondare gli stipendi con qualche traffico illecito (perché spesso - si sa - sono davvero sfruttati e a volte si trovano con l'acqua alla gola), traffico che comunque è sempre fatto per conto terzi.
Poi ci sono gli studenti universitari.
E gli extracomunitari? Mi dispiace per i soliti che pensano che dove c'è delinquenza ci siano loro, ma al Bologna 2 (almeno fino a quando ci vivevo io) non ce n'erano proprio.
Chi fa più effetto comunque sono le ragazze: senza tutto quel trucco scopri che di maggiorenne hanno veramente poco.
Poi ti accorgi che sono in prevalenza slave scappate dagli orrori della guerra e della miseria, venute in Italia per inseguire un sogno nel paese dei belli e dei santi dove la giustizia per alcuni con nome e soldi non esiste.
Comunque, dappertutto il Bologna 2 lo chiamano lo spaccio: vai e comperi e se ti fermi per almeno 24 ore ti accordi che è proprio così.
Vedi persone che entrano dritte ed escono storte; vedi le pattuglie che, pur di voltare le spalle al Bologna 2, vengono lì e fanno qualche multa alle macchine che vanno troppo veloce, e non lo guardano nemmeno il palazzo che tanto fa paura.
Fa paura soprattutto alla gente di Calderara di Reno, la stessa gente che poi vedi il giorno dopo camuffata per bene (perché sono anche persone magari pagate con le nostre tasse, carabinieri o poliziotti ...) entrare nell'edificio ed uscire un'oretta dopo soddisfatte.
Non è facile scrivere di queste cose senza essere moralisti e un po' cattivi...
Comunque, da quanto ho capito e sentito dire, il Bologna 2 cambierà aspetto, finalmente.
In meglio o in peggio?
E che ne sarà delle persone che verranno mandate via o che per paura se ne andranno?
Non preoccupiamoci, non invaderanno il bel villaggio borghese o altri quartieri molto di tendenza o alla moda: tanto, dei palazzoni vuoti e isolati da poterci fare dei ghetti ce ne sono sempre!!!


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