RAPPORTO SULLO STATO DI FATTO E DI DIRITTO DEL COMPLESSO EDILIZIO BOLOGNA 2 RESIDENCE, SITO IN COMUNE DI CALDERARA DI RENO, PROVINCIA DI BOLOGNA
Le ipotesi per il futuro
Al fine di dare un assetto stabile alla conduzione del complesso ed al contempo di promuovere il suo recupero igienico, edilizio urbanistico e sociale, si esaminono due distinte ipotesi:
quella del ripristino della gestione in forma di azienda alberghiera
quella del mutamento della destinazione urbanistica da "casa albergo" ad altra che consenta ai proprietari o di godere direttamente i miniappartamenti o di darli in locazione nelle forme e nei modi previsti dalla legge.
Il ripristino della gestione in forma di azienda alberghiera appare ipotesi non praticabile
Dal momento che l'azienda alberghiera che gestiva l'immobile è fallita e che il Tribunale ha autorizzato il curatore a restituire ai legittimi proprietari la piena disponibilità degli appartamenti che la "Bologna 2 Residence" aveva in gestione4, l'esercizio alberghiero cessa di fatto di esistere in quanto il titolare dell'azienda ("titolare giudiziario" in questo caso) non ha più la disponibilità del bene da gestire.
Considerato anche che non esistono più le condizioni igieniche e funzionali che costituivano il presupposto della licenza d'esercizio a suo tempo rilasciata e rinnovata dal Comune, questa dovrebbe essere revocata od annullata dandone la necessaria comunicazione alla Regione.
A codesto punto il Comune, qualora la convenzione a suo tempo stipulata sia da ritenere ancora valida e non si intenda abbandonare l'idea della casa-albergo, si trova nella occorrenza di dover chiedere agli attuali proprietari - che non sono più i quattro firmatari di allora5 ma bensì oltre ottanta tra persone fisiche e giuridiche6 - di dare esecuzione a quanto da essa previsto, esigendo da tale
etereogenea massa di personaggi che venga individuata, o tra di essi o fuori da essi, la figura giuridica capace di condurre la prevista gestione unitaria di tipo alberghiero.
A tale nuova figura dovrebbe rilasciarsi nuova licenza d'esercizio a condizione che esistano i requisiti igienici e funzionali che leggi e regolamenti prevedono.
Sappiamo però quali siano le oggettive condizioni dell'immobile, disastrato dal punto di vista igienico e conservativo, dove i locali teoricamente destinati a servizi comuni appartengono a diversi privati proprietari e versano da anni in completo abbandono.
Ma quello che sarebbe velleitario è il ritenere di potere mettere d'accordo a tal fine 80 diversi proprietari che in modi tanto diversi godono giuridicamente l'immobile e che annoverano tra di loro:
chi, proprietario di un singolo appartamento, lo abita personalmente
chi, proprietario di una o più unità immobiliari le aveva, ligio alla convenzione, conferite alla gestione alberghiera ed oggi se le vede restituire con profitti nulli se non con perdite ingenti
chi affitta privatamente in palese violazione dei patti
chi, come l'Edilsabrina, è formalmente proprietaria di un gran numero di unità che in realtà sono in possesso di terze e quarte persone titolari di promesse di vendita il cui comportamento sfugge a qualsiasi controllo.
In altri termini è illusorio pensare che codeste 80 persone, al di là degli obblighi derivanti da una convenzione, che non hanno firmato personalmente, che in molti casi di fatto non conoscono anche se è più o meno vagamente richiamata negli atti d'acquisto, possano riuscire a mettere in piedi una azienda per la gestione unitaria dell'immobile che dia le necessarie garanzie in termini economici e sociali.
Va quindi attentamente valutata l'opportunità di superare quel tipo di convenzione che è ormai da tempo completamente sfuggita ad ogni possibilità di controllo da parte dell'Ente Pubblico e che non offre nemmeno a coloro tra i proprietari che sarebbero ben intenzionati ad applicarla i modi per farla valere nei confronti degli altri comproprietari ed attori se non a costo di estenuanti quanto sempre più incerte azioni giudiziarie.
Così come non può eludersi l'esigenza di rivedere la specifica destinazione urbanistica dell'immobile, legata ad un termine - "casa albergo" - del cui significato esistevano a suo tempo interpretazioni giuridiche diverse e discordanti, ma che non è stato recepito dalla disciplina nazionale e regionale dei complessi ricettivi ora in vigore7.
L'ipotesi di un nuovo regime urbonistico
Se una modifica della destinazione urbanistica deve intervenire, questa non può non riguardare l'intero immobile oggetto del presente rapporto.
Qualsiasi diversa soluzione finirebbe inesorabilmente col premiare proprio chi non è stato ai patti e cioè la "Porzione Residenziale"; tuttavia, non solo un parziale cambio di destinazione si rivelerebbe iniquo e genererebbe contenziosi senza fine, ma comporterebbe necessariamente forme di gestione promiscue come che si instaurò di fatto portando con sè l'anarchia sociale e il degrado urbano.
Si ritiene che una modifica della destinazione urbanistica che
consenta ai proprietari di immettere sul mercato, sia in affitto che in vendita, un patrimonio libero da vincoli irragionevolmente rigidi, sia il solo modo per liberare le risorse economiche necessarie al completo restauro e risanamento del complesso ricettivo.
Come già accennato, trattandosi di edilizia esistente che, malgrado la sua giovane età, si trova in patenti condizioni di degrado, lo strumento più appropriato mediante il quale condizionare la modifica di destinazione alla esecuzione delle necessarie opere di risanamento ed alla effettiva disponibilità del patrimonio ad un giusto mercato appare essere quello del Piano di Recupero previsto
L. 457/78.
Le Zone di Recupero ed il Piano di Recupero
I comuni individuano, nell'ambito degli strumenti urbanistici generali, le zone ove, per le condizioni di degrado, si rende opportuno il recupero del patrimonio edilizio ed urbanistico esistente mediante interventi rivolti alla conservazione, al risanamento, alla ricostruzione e alla migliore utilizzazione del patrimonio stesso. Dette zone possono comprendere singoli immobili, complessi edilizi, isolati ed aree da destinare ad attrezzature.
Le zone sono individuate ... con deliberazione del Consiglio Comunale, sottoposta al controllo di cui all'art. 59 della legge 10 febbraio 1953, numero 62.
Nell'ambito delle zone (di recupero) ... possono essere individuati gli immobili, i complessi edilizi ... per i quali il rilascio della concessione è subordinato alla formazione dei piani di recupero dl cui al successivo art. 28.
Per le aree e gli immobili non assoggettati al piano di recupero e comunque non compresi in questo, si attuano gli interventi edilizi che non siano in contrasto con le previsioni degli strumenti urbanistici generali. ...8.
Dall'ultimo comma citato si evince che, per converso, gli interventi su edifici assoggettati a piano di recupero possono essere in contrasto colle previsioni del PRG ovvero, in altri termini, che i piani di recupero, proprio perchè attuativi di una "zona" speciale, possono modificare la destinazione di zona dello strumento urbanistico generale9.
I Piani di Recupero possono essere tanto di iniziativa pubblica come privata.
Quelli di iniziativa pubblica, disciplinati dall'art. 28 della legge citata, sono molto semplicemente approvati con la deliberazione del consiglio comunale con la quale vengono decise le opposizioni presentate al piano ed hanno efficacia dal momento in cui questa abbia riportato il visto di legittimità di cui ... (alla L. 62/53 citata).
Quelli di iniziativa privata, che possono essere presentati dai proprietari rappresentanti, in base all'imponibile catastale, almeno i tre quarti del valore degli immobili, seguono non dissimile procedura.
Nel caso in oggetto appare necessario ed opportuno il ricorso al piano di recupero di iniziativa privata; da una parte, infatti,
l'iniziativa comunale di formazione del piano postulerebbe il conferimento di un incarico professionale ad hoc da parte
dell'Amministrazione e l'accollo dei relativi oneri, dall'altra invece va considerato che se l'iniziativa pubblica è essenziale quando si voglia pervenire alla realizzazione coattiva e forzosa di infrastrutture od urbanizzazioni10, essa è irrilevante se non è necessario provvedere ad espropri.
Inoltre l'intervento con piano di recupero, tanto pubblico come privato, deve, comunque, essere convenzionato11, ed è in sede di determinazione del contenuto della convenzione che vengono identificati gli obblighi dei proprietari in termini di destinazioni d'uso, di completamento delle opere di urbanizzazione, e di allacciamento ai pubblici servizi stabilendosi altresì le eventuali garanzie finanziarie.
Sul punto la legge non è precisa, ma nulla vieta che la convenzione possa avere contenuto e finalità oltre che
urbanistici (come sopra indicato) anche economici, quali ad esempio una definizione concordata e limitata nel tempo dei canoni di
locazione che tenga conto del costo degli interventi di recupero necessari.
Qualora, per inerzia del Comune o dei proprietari, il piano di
recupero non venga elaborato ed approvato entro tre anni dalla sua individuaione, questa decade e sono consentiti solo gli interventi non in contrasto col PRG; nel caso in oggetto ciò significa che dopo tale decadenza ed almeno fino a quando il Consiglio Comunale, con nuovo atto deliberativo, non riconfermasse l'individuazione del piano di recupero dovrebbe comunque essere mantenuta la destinazione a casa-albergo, con tutti i vincoli che comporta, e che gli interventi di recupero possibili potrebbero essere solo quelli che non aumentano la volumetria o la superficie utile12.
Implicazioni dell'ipotesi del Piano di Recupero
Come si è visto, col ricorso al Piano di Recupero non è indispensabile e nemmeno necessario adottare una variante specifica in ordine alle destinazioni d'uso.
Ciò è vantaggioso per tre motivi:
il primo sta nella maggiore speditezza della procedura che non dall'ambito comunale
il secondo sta nelle maggiori garanzie per il comune in quanto le modifiche di destinazione urbanistica ivi previste diventano diritto certo per i proprietari solo alle condizioni poste dal Piano di Recupero e quando sia stata stipulato la convenzione che esso comporta. Come corollario abbiamo già osservato che qualora disgraziatamente per qualsiasi motivo il Piano di Recupero non dovesse venire approvato in tempo utile resterebbe valida, per quanto concerne le destinazioni urbanistiche, l'attuale disciplina di PRG
il terzo sta nella implicita facoltà di non definire a priori la nuova destinazione urbanistica, ma di precisarla invece durante la formazione del piano di recupero con criteri concordati tra comune e proprietari, al fine della migliore utilizzazione del patrimonio stesso.
Quanto ai contenuti della convenzione lo spirito della legislazione vigentel3 contempla che, allorché si tratti di destinazione residenziali, i canoni di locazione, anche limitatamente ad una parte degli alloggi possano essere concordati col comune.
Tale concertazione tra privato e comune significa che possono essere evitate rigidezze preconcette e che, pur impedendosi operazioni speculative, si possa trovare il corretto equilibrio tra gli interessi della collettività e quelli della proprietà, la quale, per essere in grado, come nel caso in oggetto, di restituire dignità civile e commerciale ad
un insediamento fisicamente e socialmente degradato, deve affrontare notevoli oneri economici.
Questi ultimi paradossalmente rischiano di risultare tanto più gravosi per coloro che sono legittimi proprietari di
consistenti blocchi di appartamenti già soggetti alla fallimentare e disastrosa gestione alberghiera.
Un problema di perequazione e di giustizia si porrà quindi, ad esempio, allorchè, possedendo molti dei proprietari solo l'alloggio in cui abitano, si dovrà prendere atto di come non abbia senso trattare con costoro convenzionamenti per la vendita o la locazione e come eventuali impegni di questo tipo verrebbero a gravare solo sui proprietari di stock consistenti di appartamenti liberi.
Si dovranno quindi prevedere trattamenti strutturalmente differenziati per i piccoli ed i grandi proprietari.
Questi ultimi, ad esempio, dovranno essere posti in condizione, una volta stipulata la convenzione, di potere vendere subito a libero mercato almeno quella parte delle unità immobiliari che permetta di rientrare degli ingenti capitali necessari per le opere di risanamento e restauro.
Va inoltre considerato che se il comune, come è auspicabile, riterrà di adottare l'ipotesi sopra esposta, è necessario che l'iter amministrativo proceda speditamente come peraltro consentono la semplicità della procedura e la "neutralità" di una scelta che, come si è pregiudizievole.
Se infatti l'attuale disciplina urbanistica che più non corrisponde alla realtà di fatto e di diritto, si dovesse protrarre e lo stato d'incertezza inducesse un consistente numero di proprietari a procedere alla spicciolata con quegli interventi di risanamento, per i quali è sufficiente un'autorizzazione gratuita che il Sindaco non può negare, la corretta e definitiva soluzione della situazione di degrado fisico e sociale rischierebbe di allontanarsi indefinitamente nel tempo fino a diventare impraticabile.
Le risorse private disponibili si disperderebbero infatti in mille rivoli e l'interesse per il cambio di destinazione urbanistica finirebbe col venire meno di fronte all'impegno che la formazione e l'attuazione di un Piano di Recupero comunque richiedono; i maggiori proprietari, che hanno finora conservato integro il possesso del loro capitale immobiliare e sui quali, prevalentemente, si sono rovesciati gli effetti perversi della fallimentare gestione alberghiera, finirebbero per sfiducia e per logoramento col liberarsi, svendendolo a qualsiasi prezzo a favore di speculatori, di un investimento a lungo termine rivelatosi invece un pozzo senza fondo.
Gli interventi di recupero necessari ed opportuni
Gli interventi di recupero strettamente necessari a rimuovere
i danni di carattere igienico e funzionale dell'immobile sono stati
accuratamente prospettati dal Geom. Luigi Selleri, tecnico di fiducia del condominio.
Vedasi la citata perizia giurata del 14 aprile 1984 e la descrizione lavori con relativo computo metrico del 14 aprile 198614.
In codesta sede sono contabilizzate opere di restauro e risanamento conservativo per L. 273.000.000.
Tale importo relatiivamente modesto si riferisce però solo alle seguenti voci:
Allacciamento alla fognatura comunale
Ripristino terrazze piano terzo
Ripristino scarichi interni in PVC
Revisione ascensori
Ripristino recinzione sul lato ovest
Esso non comprende pertanto:
La revisione completa dell'impianto di riscaldamento e di quello idrico-sanitario.
La riparazione di pavimenti e rivestimenti interni delle parti comuni
Sostituzione di infissi interni ed esterni danneggiati
Le opere di restauro interne agli appartamenti
Quando però dall'esame dei suelencati provvedimenti urgenti, validi qualunque sia la destinazione o l'uso dell'immobile, si passi a delle opere necessarie a soddisfare i requisiti tipologici ed urbanistici dell'insediamento, l'orizzonte si allarga notevolmente.
Allo scopo di prefigurare in modo completo i problemi che, in prospettiva, proprietari e pubblica amministrazione potranno trovarsi di fronte, conviene considerarli per categorie:
Impianti:
Oualora si intenda fornire gli appartamenti dl tutti i requisiti previsti dalle disposizioni vigenti, per i locali di abitazione occorre predisporre tanti allacciamenti ENEL quante sono le unità immobiliari e installare i cavi che colleghino queste con i contatori.
Per quanto riguarda l'impianto del gas dovrà essere valutata la possibilità di fornire ciascun appartamento di impianto di riscaldamento autonomo a metano, allo scopo di rendere meno rigidi gli oneri di gestione.
Il sistema di ventilazione artificiale di bagni e cucine sembra non perfettamente efficiente dato che cattivi odori si diffondono nei corridoi comuni; dovrà essere quindi attentamente revisionato.
Sistemazione interna degli appartamenti
I bagni, areati artificialmente, hanno, come già notato, una superficie inferiore di circa 1 mq a quella prescritta dal regolamento d'igiene per le abitazioni.
Qualora si intenda rispettare tale requisito potrà essere opportunamente modificata la sistemazione dei pannelli divisori che non comporta fortunatamente opere murarie.
Servizi igienici comuni al piani
Tali servizi, obbligatoriamente prescritti per gli esercizi alberghieri, sono da ritenere necessari in un complesso come quello in oggetto, che annovera circa 200 unità immobiliari distribuite su 6 piani, anche qualora esse vengano adibite a residenza permanente.
Difatti tutti i bagni di tutti gli appartamenti essendo areati artificialmente, è necessario che nell'emergenza di un "black-out" o di un guasto grave agli impianti di aspirazione gli abitanti possano disporre di servizi igienici naturalmente ventilati e illuminati.
In alternativa, e salvo quanto si noterà appresso occorrerebbe dotare di finestra tutte quelle unità immobiliari (e sono la maggioranza) che affacciano su ballatoi aperti.
I ballatoi
Il fatto che la maggioranza degli appartamenti abbia accesso da ballatoi completamente aperti può rappresentare, nel clima invernale della pianura bolognese, una grave limitazione al comfort, al godimento e quindi al valore dell'immobile, per non parlare degli sprechi energetici dovuti alla dispersione termica sicuramente elevata15.
Si può pensare che tale soluzione tipologica sia stata scelta a suo tempo perchè i ballatoi, diversamente dai corridoi, "non facevano volume".
In sede di Piano di Recupero sarà possibile rimediare a tale grosso inconveniente consentendo in tutto od in parte la chiusura dei ballatoi.
I locali di uso collettivo
I locali esistenti al piano terreno, destinati ad usi collettivi, appartengono a proprietari diversi e, come più volte ricordato, giacciono nel più completo abbandono.
Il complesso edilizio, anche se acquisterà caratteristiche più propriamente residenziali, difficilmente potrà fare a meno di una certa gamma di servizi comuni, specie se si considera che è attualmente costituito da mini appartamenti di dimensioni tali da non consentire alcun tipo di attività sociale al loro interno e tantomeno da offrire spazio di movimento per i bambini.
Giustamente il comune si era preoccupato che venissero previsti appositi locali per il soggiorno dell'infanzia.
Altrettanto giusta era stata la previsione del bar rosticceria, realizzato e fallito dopo pochi mesi.
Non è ragionevolmente pensabile che duecento nuclei vivano in aperta campagna, in alloggi di pochi metri quadrati, lontani non solo da centri dl interesse, ma anche da qualsiasi pubblico esercizio in grado di rispondere almeno a primissime ed immediate necessità.
Il bar rosticceria dovrebbe riattivarsi, forse collegandosi come gestione all'albergo attiguo, e garantirà alcuni minimi servizi anche agli abitanti de1 "Bologna 2".
Gli altri locali collettivi devono almeno in parte essere recuperati per essere posti al servizio del complesso così come in origine era stato previsto.
Il tag1io degli alloggi
Le minime dimensioni dei quasi duecento appartamenti che costituiscono il complesso edilizio, ne fanno dei monolocali perfettamente adatti alle esigenze di una gestione alberghiera, ma
l'assenza di offerta di alloggi di taglio differenziato può costituire caratteristica negativa per un'insediamento residenziale permanente di grosse dimensioni quale è in gran parte diventato quello in oggetto e quale il proposto cambio di destinazione consoliderebbe.
Non potendo corrispondere, infatti, per la squilibrata concentrazione di monolocali in un edificio completamente isolato, al contesto socio-economico in cui si trova, esso finirebbe per essere usato in modo precario e per divenire rifugio privilegiato di soggetti marginali, come purtroppo è in parte avvenuto.
Per correggere codesta prospettiva, che renderebbe certo estremamente problematica la riqualificazione dell'insediamento e la sua vita civile, si ritiene opportuno favorire la formazione un certo numero di appartamenti di taglio adatto a servire confortevolmente da abitazione permanente per nuclei familiari anche di piccole dimensioni.
A tale scopo è opportuno che il Piano di Recupero consenta la riduzione del numero dei monolocali, agevolando in ogni modo i proprietari che siano disposti a creare appartamenti più grandi mediante l'unificazione di coppie di unità immobiliari contigue.
Le cantine
Tutti gli scantinati sono di proprietà privata e destinati ad autorimesse praticamente inutilizzate.
Gran parte di esse sono ancora proprietà della coop Casa Insieme, costruttrice dell'immobile e prima firmataria della convenzione col Comune.
Non erano previsti nel progetto depositi o magazzini, tanto che a tale scopo venivano utilizzati dalla fallita gestione alberghiera i locali collettivi del pian terreno.
L'angustia delle cellule abitative comporta che, per render più confortevole la vita degli occupanti e per acquisire un requisito commerciale di non secondaria importanza, esse possano venir dotate di uno spazio individuale di sgombero, in altri termini di una piccola cantina.
Cantine individuali da asservire catastalmente agli appartamenti possono essere ricavate a spese delle autorimesse, dato che esistono sufficienti spazi di parcheggio esterno.
Il Piano di Recupero dovrà prevedere ed agevolare tale operazione.
Il giardino
Il complesso dispone di un ampio spazio originariamente destinato a parco attrezzato.
L'impianto del verde non è mai stato realizzato, non sono state realizzate attrezzature di sorta e salvo un sentiero a quadroni di cemento, un filare di alberelli e alcune panchine, non esiste neanche una vera sistemazione del terreno.
Come è noto per molto tempo il cosiddetto parco è servito come deposito provvisorio delle immondizie che venivano lanciate direttamente dalle finestre.
Anche il completamento del parco è una delle condizioni le quali il complesso non può aspirare a dignità di insediamento civile.
Il modello di gestione dell'immobile
Il gran numero di unità immobiliari in cui si articolerebbe
l'insediamento residenziale, anche dopo l'auspicato intervento di unificazione di un certo numero di coppie di appartamenti, la sua posizione isolata, la complessità degli impianti e la vastità delle parti comuni richiede un modello di gestione che, per essere efficiente, deve avere caratteristiche ben più qualificate e articolate di un normale "condominio".
Il servizio di portineria deve poter funzionare 24 ore su 24 ed esercitare un rigoroso controllo sul movimento degli inquilini.
Deve possibilmente essere istituito, in aggiunta a quello di portineria, un servizio di sorveglianza di sicurezza dotato di impianto televisivo a circuito chiuso, eventualmente in comune coll'attiguo albergo
Deve essere garantito un servizio permanente di pronto intervento per piccoli guasti agli impianti.
Queste ed altre ulteriori caratteristiche dovranno essere nel Regolamento di Condominio ed in tal senso essere previste dalla convenzione.
Si tratta infatti di supplire con una azione di carattere privato ad una serie di servizi che, nei quartieri urbani, è la stessa struttura civile a garantire.