Queste scene di guerriglia urbana si svolgono a un chilometro e mezzo da Calderara di Reno, ricco comune della provincia bolognese, in un gigantesco fabbricato di sei piani di cemento in stile razionalista arenato nella campagna.
Il Garibaldi 2, con molti fantasiosi soprannomi, è uno dei luoghi del degrado bolognese assurti all'attenzione della cronaca locale, fin dal 1985, quando uno spacciatore italiano fu ucciso a coltellate nel suo appartamento all'interno del "residence della mala".
La stigmatizzazione da parte degli organi d'informazione troppo spesso tralascia di riportare le origini di questi luoghi di degrado: ho letto almeno duecento articoli che parlavano del Garibaldi 2 trovando non più di tre resoconti, peraltro piuttosto imprecisi, sulle origini del complesso e i motivi della sua progressiva degenerazione.
L'informazione presenta questi luoghi in termini statici, negando una visione processuale del degrado, in un'ottica di inevitabilità del degrado urbano che porta ad una critica superficiale e qualunquista.
Il G2 è solo un luogo da evitare per le persone "normal", covo di deviazioni moralisticamente condannate, come se le prostitute e gli spacciatori che lo inquinano non facessero riferimento a una clientela che appartiene a zone più rispettabili della città.
Il degrado viene imputato alla presenza di "alieni", in questo caso albanesi e magrebini, ma ha in effetti origini geograficamente ben più vicine.
Il G2 è l'esito del fallimento di un investimento privato, regolarmente approvato dal Comune, la cui degenerazione è stata a lungo sottovalutata e ha lasciato spazio a forme speculatorie illegali.
La storia
Alla fine degli anni '60 il piano intercomunale decise l'allontanamento dell'industria da Bologna per dislocarla nei comuni limitrofi.
Tale scelta apparve conveniente tanto per il capoluogo, che veniva così ad entrare in possesso di nuovi fondi ad alto valore commerciale, quanto per la provincia, che intravvedeva nell'arrivo delle attività industriali nuove opportunità di crescita economica.
L'industria avrebbe così beneficiato di nuove infrastrutture e soprattutto di sovvenzioni per incentivarne il trasferimento.
La pianura alla sinistra del Reno, in particolare, fu designata come area di espansione dell'industria pesante: meccanica (Minarelli, Bonfiglioli), chimica (ex Panigal), cartotecnica (Stiassi), attività ad alto impatto ambientale.
Il Comune di Calderara ha bisogno di un nuovo impianto sportivo, che viene realizzato con il contributo delle cartiere Stiassi su suoli privati.
In cambio dell'uso di queste aree vengono elargite ai proprietari, costituitisi nel frattempo in società, la Ballau srl, concessioni edificatorie.
Invece di limitarsi a meno impegnativi interventi di edilizia residenziale, per cercare il massimo utile e aggirare le limitazioni del PRG la Ballau srl chiede e ottiene l'approvazione di un complesso alberghiero e di un residence per la bellezza di 22.616 mq complessivi (maggio 1976), regolarmente inseriti nel PRG per mezzo di una specifica variante.
La Ballau srl non ha certo la possibilità di realizzare e gestire un complesso di queste proporzioni, è una srl con un capitale versato di 400 milioni a cui è stato concesso di realizzare immobili per oltre 22 mila metri quadrati!
La concessione e i terreni per la costruzione della casa albergo vengono infatti ceduti meno di due anni dopo (gennaio 1978) alla cooperativa Casa Insieme, che realizza il progetto e inizia i lavori, ma, per fronteggiare le spese cede porzioni dello stabile prima alla Universo Assicurazioni S.p.a. (novembre 1978), poi alla Azzaroni Enrico e C. S.a.s. (aprile 1979) e infine al privato Giancarlo Cenacchi.
La crescente frammentazione della proprietà impensierisce il Comune che fa sottoscrivere ai proprietari una convenzione (maggio 1979) che vincola i proprietari alla gestione unitaria del fabbricato, ma non pone veti a successive ulteriori parcellizzazioni della proprietà.
L'articolo 1
Gestione unitaria specifica infatti che
la gestione del servizio di casa albergo riguarda l'intero edificio fatto salvo il principio in base al quale l'appartenenza dell'immobile, adibito all'attività casa albergo può essere di uno o più soggetti i quali avranno l'obbligo di rispettare la convenzione".
Continuano così le cessioni, nella totale noncuranza delle possibilità residue di funzionamento come casa-albergo.
Con l'acquisto da parte della Piperno Case, la società di un chiacchierato palazzinaro romano, dell'intera ala minore dello stabile si arriva alla vendita diretta a privati dei singoli alloggi.
L'Edilsabrina, la società costituita per l'occasione dalla Piperno Case, acquista infatti grazie a un mutuo oltre un quarto delle unità; questo mutuo non verrà mai onorato, tanto che oggi i 21 appartamenti ancora in possesso dell'Edilsabrina sono finalmente oggetto di asta giudiziaria, a 16 anni di distanza dal primo pignoramento richiesto dalla banca.
La cessione a privati ha però subito inizio con successo.
Molti acquirenti, però, attratti dalle opportunità speculative, ma più spesso dalla possibilità di avere una residenza a basso costo, ignorano di stare acquistando semplici camere d'albergo o vengono raggirati con la promessa di un'imminente cambio di destinazione d'uso.
Il comune di Calderara intuisce il rischio di quelle 200 unità abitative potenzialmente incontrollabili, ma la sua reazione è limitata ad un annuncio sui quotidiani locali (8 aprile 1979) in cui ricorda che
qualsiasi destinazione d'uso diversa da quella alberghiera prevista dal PRG non potrà essere autorizzata, "in caso contrario l'Amministrazione Comunale adotterà gli opportuni provvedimenti di legge.
Comune di Calderara di Reno
PROVINCIA DI BOLOGNA
Si avverte
la cittadinanza che in questi giorni è iniziata una campagna pubblicitaria di vendita di appartamenti facenti parte di un complesso edilizio sito in comune di Calderara di Reno, via Garibaldi zona Centro Sportivo mediante inserzioni sulla stampa e installazione di cartelloni pubblicitari.
L'Amministrazione Comunale intende precisare che il complesso in oggetto è stato limitato con una precisa destinazione d'uso prevista da apposita normativa di Piano Regolatore Generale che individua l'area come zona destinata ad attrezzature di servizio alla viabilità prevedendo in essa costruzioni di albergo e casa-albergo nonchè locali di servizio e assistenza, ristorante ed un numero massimo di tre appartamenti per il personale di servizio.
Conseguentemente si precisa che qualsiasi altra destinazione d'uso non contemplata dalle norme di attuazione del Piano Regolatore non potrà essere autorizzata, in caso contrario l'Amministrazione Comunale adotterà gli opportuni provvedimenti di legge.
La convenzione è infatti apparentemente rispettata, ma di fatto molte unità sono già occupate abusivamente ad uso residenziale.
La gestione unitaria a casa-albergo viene comunque affidata alla società Bologna 2, con sede a Palermo, che inizia una conduzione dello stabile molto discussa, con affitti a persone colluse con lo spaccio e la prostituzione.
Accanto alla spregiudicata gestione della casa albergo si deve però segnalare l'oggettiva impossibilità di coesistenza di funzione residenziale e di alloggio temporaneo.
A metà degli anni ottanta la società Bologna 2 fallisce lasciando lo stabile nella totale anarchia: i pochi residenti residui scontano anni di utenze non pagate e sopravvivono per mesi senza luce elettrica e riscaldamento.
Il degrado crescente ha anche provocato la fuga delle grandi società e un ulteriore dispersione della proprietà: nel 1988 i proprietari sono arrivati ad un'ottantina.
Nel 1988, invece di accogliere la richiesta di cambio di destinazione d'uso dei proprietari residenti, il Comune concede la licenza per la gestione alberghiera di una parte delle unità dello stabile (quindi in deroga alle richieste di unitarietà gestionale della convenzione) alla Sigma, una società veronese amministrata dalla discutibile figura di Colombo, un ex poliziotto radiato dal corpo.
L'immagine pubblica dello stabile è ormai compromessa (nel febbraio 1985 si registra addirittura l'omicidio di un giovane tossicodipendente) e la Sigma ne ha approfittato per fare incetta di appartamenti messi in vendita a prezzi irrisori.
La locazione delle unità prosegue con principi di grande spregiudicatezza: dalle iniziali imprese artigiane, che affittavano un'ottantina di unità per alloggiarci i propri operai (quasi sempre in numero almeno doppio di quello previsto, con conseguenti danneggiamenti), con la contrazione dell'attività industriale circostante e il crescente degrado dello stabile, si passa all'affitto a gruppi sempre più numerosi di extracomunitari e poi alle prostitute provenienti dai paesi dell'est.
Nel 1991 viene revocata alla Sigma la concessione, ma Colombo resta tuttora ad amministrare una sessantina di appartamenti, la maggior parte dei quali è di proprietà di società.
La prostituzione resta il suo bacino di utenza preferenziale, come afferma in un'intervista rilasciata al Carlino il 7 luglio 1996:
almeno una trentina delle cinquanta ospitate non dà alcun problema;
serbe e moldave non danno fastidio a nessuno. Molte si sono affrancate dai protettori, si sono rivolte a polizia e carabinieri e aggiunge un tenero quadretto:
ne ho vista una ieri mattina, era stata picchiata dai pappa albanesi per una questione di territorio. Fai denuncia -le ho detto. Mi ha promesso che lo farà.
Certo, ammette Colombo,
le albanesi sono un'altra specie e posso fare il mea culpa per avere affittato loro gli appartamenti, ma le prostitute
sono le uniche persone che pagano l'affitto con puntualità, che non rovinano, che tengono le case pulite.
I clandestini africani devono avere dato molti più problemi a Colombo (il 18 maggio 1999 vengono bruciati i suoi uffici al G2), ma il quadro della prostituzione non è certo così idilliaco se una buona metà degli articoli di cronaca che parlano del residence fanno riferimento ad agghiaccianti violenze legate allo sfruttamento della prostituzione o a regolamenti tra bande rivali.
In realtà questa condizione di degrado estremo si è rivelata funzionale a figure come quella di Colombo che affittano a prezzi spropositati (fino a più di due milioni e mezzo al mese) e spesso in nero a persone prive di permesso di soggiorno appartamenti dal risibile valore di mercato e ormai invendibili.
È proprio la distanza che si è verificata tra rendita e valore di mercato uno dei fattori a rallentare qualunque cambiamento nelle proprietà del G2 e rendere questi appartamenti ancora un ottimo investimento per chi ha pochi scrupoli.
Uscire dal ghetto
Garibaldi 2 è ai margini innanzitutto in termini spaziali, circondato da strade a scorrimento veloce, campi e aree industriali.
È un luogo in cui non vigono le regole della normalità, in cui la polizia irrompe come un esercito, in cui può capitare di trovare un kalashnikov carico in giardino (gennaio 1999).
Uno dei tanti buchi neri in cui si accumulano criminali, ma anche poveri.
Molte persone abitano lì perché non possono permettersi di abitare altrove.
La società tende ad emarginare queste situazioni difformi; l'azione della polizia è emblematica: il residence è da tempo presidiato 24 ore al giorno, gli esiti delle retate sono regolarmente celebrati dai quotidiani, ma, in definitiva, l'intervento delle forze dell'ordine sembra più orientato a un controllo degli esiti della degenerazione che alla rimozione delle sue cause prime.
Il controllo da parte delle forze dell'ordine riguarda tutti, criminali, ma anche cittadini onesti, che si vedono regolarmente chiedere i documenti all'entrata di casa.
Lo stigma è riferito al luogo nel suo complesso, anche se i veri responsabili sono una minoranza.
La polizia non interviene in aiuto della parte onesta, ma per difendere il mondo onesto che esiste fuori dal G2.
Con profondo rammarico constatiamo la totale mancanza di qualsivoglia rendiconto a noi interessati riguardo ai successi o alle difficoltà incontrate nel debellare lo spaccio e la prostituzione scrivono i condomini in una lettera dell'8 aprile 1998.
Il G2 è abbandonato al suo degrado, la presenza costante di polizia sembra solo sancire l'irrecuperabile anormalità del luogo e ad amplificare il senso di insicurezza delle persone che lo abitano.
La città sembra avere questi luoghi come conseguenza naturale del suo esistere, buchi neri incontrollabili in cui povertà e criminalità si accumulano in una forzata convivenza.
L'isolamento fisico, l'invisibilità da parte delle persone "perbene" è una premessa che ne facilita un più profondo isolamento sociale, ma anche un più agevole controllo da parte delle forze dell'ordine: il G2 è un accumulo di istanze sociali destabilizzanti che sarebbero più difficilmente controllabili se disperse sul territorio.
La presenza criminale diventa una scusa per l'indifferenza della società, ma la larga percentuale di residenti onesti, italiani e non, ha saputo trovare la coesione necessaria per fare arrivare la propria voce all'esterno, tramite l'Associazione per la rinascita dell'area di via Garibaldi 2, e un completissimo sito web (http://geocities.com/SouthBeach/Lights/4238).
La scelta della visibilità, di rendersi conoscibili da parte di chi teme questi luoghi, è una grande possibilità di integrazione.
Dalla sua nascita l'associazione, oltre a fare giungere informazioni e commenti sulle vicende riguardanti lo stabile attraverso la stampa locale, ha organizzato all'interno del G2 eventi che potessero coinvolgere la popolazione di Calderara (performance teatrali, feste per bambini, mostre, concerti), occasioni per fare varcare alla popolazione "normale" le soglie di un luogo da cui è abituata a fuggire, ma anche un modo di ribadire all'interno del G2 stesso la risoluta volontà di reazione alla dimensione criminosa dello stabile.
La volontà di reazione agli stigmi della colpevolizzante emarginazione sociale è ben rappresentata dalle tormentate vicende del nome dello stabile: il residence ha avuto per anni un'enorme insegna luminosa "Bologna 2", il nome della prima gestione alberghiera, resosi tristemente famoso per svariati episodi criminali.
Il 10 novembre 1986 l'assemblea condominiale decreta la rimozione di quello che è ormai divenuto un marchio infamante.
Si decide di denominare il palazzo con il suo numero civico e il nome della strada, Garibaldi 2, appunto.
L'insegna "Bologna 2" giace tuttora stesa sul tetto del fabbricato.
La battaglia sul cambio a destinazione residenziale si scontra con l'inadeguatezza di molti alloggi agli standard residenziali permanenti, ma è vissuta dalla gente del G2 come lo specchio dell'indifferenza delle istituzioni alle richieste di questi gruppi deboli, gravati da coefficienti fiscali altissimi legati alla destinazione alberghiera.
Le società che hanno condotto la gestione alberghiera dello stabile lo hanno trascinato in un vortice di degrado a cui la piccola proprietà di ridotto peso millesimale non poteva opporsi, in uno scontro impari tra ricco e povero che ha certo contribuito alla crescita di un forte spirito collettivo.
L'ottenimento dei contatori individuali, delle cassette postali, sono i risultati di una lunga battaglia di liberazione che vede ora nell'apparato amministrativo il nuovo nemico.
Convivere in un posto non normale
Garibaldi 2 non è solo un fabbricato: il numero dei residenti (ben oltre le 400 persone, anche se le molte situazioni irregolari e il rapido turnover rendono impossibile una quantificazione esatta) equivale a quello di molte frazioni della pianura.
Il chilometro e mezzo di corridoi di questo albergo mancato rappresentano in effetti le strade di questa città a forma di palazzo.
In altri contesti il G2, pur con le sue proporzioni, non rappresenterebbe altro che un grosso insediamento, ma attorno non c'è tessuto urbano, ma capannoni e, soprattutto, campi.
Calderara è a un chilometro, con le sue tipologie insediative a bassa densità di due o tre piani di altezza.
Nella piattezza della pianura i sette piani del G2 sono visibili a chilometri di distanza, sullo sfondo degli impianti chimici della ex Panigal.
Il Garibaldi 2 è, di fatto, un quartiere periferico di Calderara.
Come molti quartieri periferici urbani orbita attorno al centro ma è fisicamente isolato da una soluzione del tessuto urbano.
L'isolamento fisico di una zona corrisponde spesso a un forte rischio di isolamento sociale, premessa che rende maggiormente tollerabile dai "normali" l'eventuale degenerazione di questi luoghi.
Il caso "Bologna 2" è stato reso possibile dalla compresenza di caratteri urbani (Calderara è in forte dipendenza da Bologna) e isolamento rispetto a realtà sociali urbane, la non appartenenza tanto alla realtà locale che a quella metropolitana, pur subendo il confronto con entrambe.
Per Calderara il G2 è un problema esogeno, così come per Bologna.
Il G2 non appartiene a nessuno, se non forse a chi lo abita.
I caratteri della struttura alberghiera e la forte densità abitativa comportano una coabitazione molto stretta tra i residenti, e quindi molte occasioni di relazioni dirette.
I residenti appartengono a gruppi molto diversificati con una presenza molto forte di stranieri: almeno un terzo degli extracomunitari presenti sul territorio del comune di Calderara vive al G2.
Sono in maggioranza magrebini, per molti di loro sbarcare al G2 è stata un'importante conquista, dopo anni di condizioni certamente più precarie.
Non si deve infatti pensare che la parte straniera dei residenti sia unicamente legata ad attività criminose; nella semplificazione dei media il G2 appare spesso come il territorio di confronto tra gruppi italiani poveri ma onesti ed extracomunitari violenti e legati alla droga.
La realtà è ovviamente diversa e, se è difficile per gli italiani rivendicare la propria estraneità a questo contesto degradante, lo è molto di più per gli extracomunitari che appartengono a culture radicalmente diverse e sono comunque confinati ai margini della legalità da permessi di soggiorno, lavori non in regola…
I magrebini sono spesso famiglie monoreddito con un alto numero di figli (da due a sei), spesso in gravi condizioni di povertà e assistite da comune e Ausl.
Queste famiglie sono oggetto del maggior numero di sfratti per morosità.
Le donne generalmente non lavorano e accudiscono i bambini, che solo raramente seguono una normale scolarizzazione, premessa fondamentale per un effettivo inserimento sociale.
La maggior parte di loro resta per tutta la giornata nello stabile, spesso in appartamenti sovraffollati o a giocare nei ballatoi e nel porticato del piano terra.
Questa infanzia stritolata dal grande palazzo di cemento in cui i bambini non erano previsti è ben simboleggiata dalla tragica morte di Tommaso Fontana (1991) precipitato dal ballatoio condominiale (il cui davanzale è più basso dei limiti imposti dalla normativa) su cui andava in bicicletta.
Le condizioni igieniche dello stabile, concepito per utilizzo come residenza temporanea, sono precarie: molte unità mancano di riscontro d'aria; il sovraffollamento (fino a otto persone in monolocali di una quarantina di metri quadrati) e le pessime condizioni degli impianti peggiorano ulteriormente la situazione.
I gruppi extracomunitari hanno poi una diversa concezione dell'igiene della casa, legata ad un modo di abitare completamente estraneo ai nostri organizzati condomini.
Il G2 si trova così ad essere affetto da patologie "d'altri tempi" come scabbia e tubercolosi, mentre i topi infestano anche i piani alti dello stabile.
Il legame con le tradizioni arabe ha portato a episodi folkloristici: il 2 ottobre 1998, durante una perquisizione vengono trovate all'interno di un appartamento abitato da una famiglia marocchina due pecore che dovevano servire a festeggiare la fine del Ramadam.
La vicenda fa riflettere sul grado di disadattamento che queste popolazioni subiscono con l'emigrazione, ma anche sul fatto che al G2 si riscontra una flessibilità sociale inedita, certamente non imputabile solo alla deregulation conseguente al degrado sociale.
In altri termini: la famiglia magrebina sente di poter mantenere i caratteri della propria tradizione perché si trova in un contesto, certamente differente dal proprio originario, in cui pensa possano essere tollerati.
Innanzitutto perché vede gli autoctoni convivere con istanze ben meno accettabili, ma soprattutto perché non si sente parte di un gruppo discriminato in quanto tale.
Nei verbali delle successive assemblee condominiali, infatti, non c'è traccia di questo episodio (come di uno analogo in cui una pecora era stata sgozzata nel cortile condominiale), mentre proseguono le lamentele per il perpetuarsi di spaccio e prostituzione, con i relativi strascichi di violenze.
La visibilità dei gruppi extracomunitari, la loro forte consistenza numerica, la possibilità del contatto personale diretto sembrano avere fatto superare molte barriere all'integrazione.
Ma credo che uno dei motivi principali di questa situazione sia che, malgrado tutto, la città del G2 è un "Luogo", una realtà effettivamente vissuta dai suoi abitanti, a cui sentono di appartenere.
Lo dimostrano molti indizi, primo fra tutti l'impegno di rinnovamento dell'associazione dei condomini, ma anche la necessità di dare un nome allo stabile, la dedica del giardino condominiale al bambino precipitato dal ballatoio.
Il bar a piano terra, riaperto nel 1997 dopo cinque anni di assenza di qualunque attività commerciale nei pressi dello stabile, lo sgombero dai rifiuti dell'ex asilo per utilizzarlo per assemblee condominiali, sono i segni di una comunità che cerca spazi di aggregazione e riconoscimento, per reagire a una realtà esterna chiusa nel rifiuto e a una realtà interna aggressiva e criminale.
A tutto questo ha dato un essenziale contributo la configurazione edilizia unitaria, ma certamente anche l'isolamento che ha circondato da sempre, in termini fisici e sociali lo stabile.
Al G2 sono tutti emarginati, indifferentemente dalla razza di appartenenza: la loro storia è quella della povertà e del suo sfruttamento, perpetrato tanto da "rispettabili" cittadini italiani quanto da "spietati" spacciatori marocchini.
Alcune aree periferiche presentano probabilmente istanze sociali analoghe (peraltro con manifestazioni di entità minore), ma distribuite su superfici molto maggiori che hanno comunque i connotati del tessuto urbano, in cui si formano quasi naturalmente subunità sociali costituite da persone appartenenti allo stesso gruppo.
Questo processo pare rallentare non solo il processo integrativo delle minoranze, ma anche impedire la nascita di una solidarietà di gruppo e di una "coscienza di classe" tra i deboli che limita inevitabilmente il loro peso sociale e la possibilità di farsi ascoltare dalle istituzioni.
In ultima analisi, credo che il G2 sia un caso emblematico del rapporto tra degrado, società ed istituzioni, un "laboratorio sociale" che può offrire utili indicazioni per la soluzione di alcuni problemi che affliggono molte situazioni periferiche.