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Uno strumento per l'urbanistica sociale: il contratto di quartiere



Ignorare la città

Il Contratto di Quartiere, istituito dal bando pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n°24 del 30 gennaio 1998, nasce per impiegare 200 miliardi delle maggiori entrate degli anni 1993-1994 dei fondi Gescal.
L'obiettivo è quello del finanziamento di interventi localizzati nelle periferie urbane e negli ambiti meno coinvolti nei processi di rifunzionalizzazione; viene in particolare identificato il problema delle aree di espansione urbana nate sotto la spinta della domanda residenziale e carenti per qualità ambientale, dotazione di servizi, assenza di luoghi riconoscibili e scarso significato urbano.
Gli interventi promossi avranno quindi una forte valenza di riduzione del disagio sociale che spesso convive con il degrado edilizio.
Riferire il degrado sociale a quello edilizio e non a quello urbano appare quantomeno riduttivo: per troppo tempo la qualità della città è stata ridotta a quella dell'alloggio, come se un intero sistema sociale dipendesse dalle prestazioni tecnologiche e igieniche delle residenze.
Il CdQ si preoccupa delle case, non della città; è sufficiente notare come uno dei criteri di idoneità delle proposte sia che l'intervento interessi un'area circoscritta e perimetrabile di dimensioni vaste o, al limite, coincidenti con gli immobili oggetto di intervento.
L'identificazione perimetrabile dell'area di intervento, in particolare, è richiesta con pervicacia, al punto che interventi di analoga tipologia riguardanti due aree non contigue richiedono la predisposizione di due distinte proposte di finanziamento.

La citta' e il contratto di quartiere


La logica di azione puntiforme sulla città è decisamente non urbanistica e legata a principi zonizzatori che ignorano una valutazione della città in termini di dinamiche sociali non sempre esattamente circoscrivibili spazialmente.
Questa specifica esclude automaticamente qualunque intervento di riqualificazione infrastrutturale, che vada cioè a mutare effettivamente il modello fruitivo di queste aree di "scarso significato urbano", che resteranno insignificanti quanto prima, ma con gli intonaci rifatti.
La scala urbana è deliberatamente ignorata, nonostante le risorse economiche a disposizione non siano particolarmente limitate (da 3 a 20 miliardi di finanziamento per ogni contratto), e il cofinanziamento dell'intervento sia uno dei parametri di valutazione.
Il CdQ non solo ignora la dimensione infrastrutturale, ma si preoccupa anche di evitare inutili dispersioni di fondi lontano dalle residenze: le opere di urbanizzazione eventualmente comprese devono essere strettamente funzionali all'organismo abitativo che costituisce l'oggetto della proposta e i finanziamenti per tali opere devono costituire una quota non rilevante dell'intero contributo, dovendosi ritenere che i fondi resi disponibili attraverso il bando debbano essere utilizzati in misura prevalente per la realizzazione di alloggi.
In effetti il CdQ sembra fare un ventennale salto indietro nel rapporto stato-intervento urbano, rispolverando la posizione statale che interviene direttamente sulle cose di sua proprietà e ignora il resto, in una prospettiva di antagonismo stato-iniziativa privata di cui le prime vittime sono la città ed il cittadino.
La dimensione residenziale di cui il CdQ si preoccupa tanto è infatti quella dell'edilizia sovvenzionata: gli unici interventi finanziati direttamente dai CdQ sono quelli relativi a edilizia sovvenzionata ed annesse urbanizzazioni, che costituiscono elemento caratterizzante ed irrinunciabile ai fini della valutazione della proposta.
Le eventuali opere infrastrutturali o comunque non residenziali presenti nella proposta devono contare su finanziamenti regionali, privati o comunitari.
Il CdQ è infatti definito come un programma di recupero urbano volto all'attuazione di interventi sperimentali nel settore dell'edilizia residenziale sovvenzionata e annesse urbanizzazioni.
Promuovere una logica di riqualificazione urbana a partire dalla residenza è ulteriormente grave quando tra gli intenti dichiarati c'è quello di un significativo risultato in termini di miglioramento sociale.
L'intervento a scala di quartiere, ma comunque affrontato in termini urbani, avrebbe invece potuto offrire la possibilità di una partecipazione diretta e allargata a molte realtà normalmente escluse dalla pianificazione, con forme inedite di partnership tra stato e cittadinanza nella soluzione di problemi ad alta specificità.
Un'urbanistica di precisione, forse troppo localizzata, ma i cui esiti (di facile monitoraggio) avrebbero costituito un'utile banca dati sui risultati delle risposte urbanistiche alle istanze sociali.
La ridotta scala urbana poteva inoltre costituire una testa di ponte facilmente accettabile per l'ingresso dei parametri sociologici nell'azione urbanistica, perché interventi puntuali comportano inevitabilmente un contatto diretto con la popolazione e quindi a una valutazione ad altezza d'uomo, in cui le dinamiche economiche passano in secondo piano.

La riqualificazione sociale secondo i Contratti di Quartiere

Le direttrici dell'azione di riqualificazione sociale promossa dai CdQ derivano direttamente dall'accordo tra il Ministero dei Lavori Pubblici, il Segretariato Generale del CER e il Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale.
In questo documento si ravvisa l'opportunità di attivare tipologie di intervento urbano che possano caratterizzarsi, oltre che per la tradizionale componente edilizio-urbanistica, anche per una pluralità di iniziative idonee a promuovere l'occupazione e lo sviluppo economico, con particolare riguardo ai quartieri segnati da diffuso degrado.
L'obiettivo è infatti quello di realizzare interventi di recupero che portino, unitamente all'incremento della qualità insediativa, concrete opportunità economiche e sociali, con specifiche occasioni di lavoro.
I quartieri degradati presentano infatti i caratteri più idonei per incrementare le prospettive occupazionali dei soggetti impegnati nei lavori socialmente utili.
In altri termini, dall'attuazione di un CdQ, cioè di un intervento strettamente legato alla dimensione residenziale, si dovrebbe ottenere la riqualificazione sociale dell'area tramite la creazione diretta di posti di lavoro.
Non di posti di lavoro qualunque, però, ma di posti di lavoro legati al sociale, perché è proprio nelle aree povere che c'è il bacino di utenza preferenziale degli operatori del sociale e delle associazioni del terzo settore.
Si intende dunque risolvere il problema delle aree depresse incrementando il numero degli impiegati nell'assistenza sociale.
Ma se l'assistenza sociale esiste è proprio perché quelle aree sono depresse.
La percezione del degrado sociale urbano come una conseguenza della perdita di efficacia economica della città si ritrova anche nelle direttive dell'Unione Europea contenute nel Quadro di azione per uno sviluppo sostenibile del 28 ottobre 1998

la riqualifazione secondo i contratti di quartiere


Il degrado sociale, tanto nei CdQ come nella maggior parte della legislazione urbanistica, è sempre correlato alla povertà o alla criminalità, manca un riferimento alla necessità del controllo del modello sociale urbano in generale.
La dotazione di spazi sociali sembra quindi una cura da riservare alle aree degradate, non una dotazione necessaria alla vita della città.
Molti quartieri abbienti soffrono della stessa carenza di luoghi di aggregazione delle periferie povere, spesso enfatizzata da una una dimensione privata ancora più accentuata.
Il soccorso al non conforme passa sempre attraverso l'offerta di opportunità di omologazione, mentre la rigidità del modello sociale, vero motivo di emarginazione, non è mai messa in discussione.
In quest'ottica il rilancio occupazionale può effettivamente essere visto come una soluzione all'emarginazione, anche se non credo che il senso di appartenenza di un individuo a un contesto sia esclusivamente legato all'ottenimento di un ruolo produttivo riconosciuto.

Sperimentare

Il CdQ si propone un'attività sperimentale volta alla definizione di nuovi standard per l'edilizia sovvenzionata e alla creazione di un repertorio di esperienze relative alle possibilità di recupero del patrimonio edilizio esistente in termini di adeguamento prestazionale.
Le soluzioni progettuali, proposte devono infatti avere carattere di esemplarità rispetto all'ordinario per concezione, qualità insediativa e relazionale per essere la premessa per la definizione di specifici criteri di progettazione generalizzabili.
La specificità, la contestualizzazione dell'azione, è la premessa di qualunque intervento che raggiunga efficacemente il contesto sociale; le generalizzazioni sono adatte per le specifiche normative, per i mattoni, non per gli uomini.
Questa è la forma di sperimentazione a cui il CdQ fa riferimento: nuove tecnologie per il recupero, sistemi insediativi a migliore compatibilità ecologica…
Il carattere precipuamente tecnologico/prestazionale, oltre a essere pienamente consonante con una logica di intervento alla scala dell'alloggio, è confermato dalla richiesta di fornire una quantificazione dei costi della sperimentazione, intesi come differenza di oneri tra soluzioni tradizionali e soluzioni sperimentali, secondo una logica di mero confronto prestazionale.

i CDQ e le prestazioni


I temi di sperimentazione proposti (Qualità Morfologica - Qualità Ecosistemica - Qualità Fruitiva - Sistema Qualità) sono principalmente legati alla residenza, una connotazione urbana appare solo relativamente alla "Qualità Morfologica", in termini di diversificazione funzionale e di integrazione con il contesto.
La dimensione sociale è invece assente, ma le ricadute ai fini normativi dell'intervento sperimentale, costituiscono uno dei sette parametri di valutazione delle proposte.
Trovo anche discutibile il principio di ricavare principi normanti a partire da interventi episodici, sovvertendo la logica naturale che vorrebbe l'intervento come applicazione sperimentale di una proposta normativa.
Tutta questa ricerca di attività sperimentale mi pare forzosa, come del resto si può osservare nelle proposte di finanziamento approvate, in cui al capitolo sperimentazione finiscono soluzioni che di sperimentale hanno ben poco: scopriamo così che gli allarmi antifumo e i rilevatori di gas (tecnologie disponibili da anni presso qualunque fornitore di materiale elettrico) concorrono a creare una nuova tipologia di appartamento per anziani, che l'abbandono degli isolanti poliuretanici per quelli a base di fibre vegetali (sul mercato da oltre 30 anni) è alla base di una tipologia insediativa ecosostenibile…
La sperimentazione, però, mette in luce il vero carattere del CdQ, una tipologia di intervento legata al recupero del patrimonio di edilizia sovvenzionata che porti ad ottenere una previsionalità dei costi di adattamento in base a precisi obiettivi prestazionali da ottenere.

Chi troppo vuole…

Il bando dei CdQ richiede una compresenza di caratteri nell'intervento da finanziare difficilmente compatibile con la scala di intervento indicata.
L'obiettivo sociale è in definitiva pretestuoso e legato a uno schema di azione incentrato sulla residenza, oggi decisamente superato.
L'intervento sul degrado sociale sembra più legato alla necessità di avere consonanza di intenti con altri strumenti di intervento, specie comunitari, allo scopo di ottenere forme di cofinanziamento.
La magmatica compresenza di intenti ha precluso ai CdQ la possibilità di creare una nuova tipologia di intervento urbano: di fatto molti temi proposti erano già previsti e inseriti in PRU o in altre forme di intervento e sono stati riformulati ad hoc (più nella descrizione che nella sostanza) o parcellizzati per soddisfare le richieste del bando e recepire ulteriori finanziamenti.
Nel bando il CdQ precisa che la scelta di assegnare i finanziamenti nell'ambito di una strategia unitaria, prevedendo quindi un bando di concorso, è motivata dall'intento di non frammentare le risorse in episodi difficilmente significativi, ma, di fatto, un'eterogenea pluralità di obiettivi costituisce un rischio analogo, se come significatività dell'intervento si intende la ricerca di nuove forme efficaci di trasformazione urbana.
In definitiva, l'istituzione del CdQ, appare piuttosto pleonastica, tanto da indurre il sospetto che il CdQ abbia la sua principale ragion d'essere nell'offrire un pretesto per procrastinare lo smantellamento del C.E.R, abolito dal Decreto Bassanini, a cui è affidato l'iter di assegnazione dei finanziamenti.


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TAVOLA DELLO STATO DI FATTO DELL'IMMOBILE (circa 800 K) TAVOLE IN SCALA DEL PROGETTO DI CONTRATTO DI QUARTIERE (circa 600 k)



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